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Troppi articoli medico-scientifici minimizzano le reazioni avverse

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Secondo una revisione sistematica, molti articoli che riportano i risultati di studi clinici minimizzano l'incidenza di reazioni avverse ai trattamenti.

"Esistono numerose prove che dimostrano come molte delle informazioni riguardanti le reazioni avverse non vengano incluse negli articoli scientifici destinati alla pubblicazione che documentano i risultati di studi clinici", scrivono la Dr.ssa Su Golder, della University of York nel Regno Unito, e colleghi. "Inoltre, la gamma di reazioni avverse documentate è molto più ampia nelle versioni inedite dello stesso studio".

"La quantità di informazioni 'nascoste' o semplicemente mancanti impedisce a ricercatori, medici e pazienti di comprendere la portata del possibile danno provocato da certi trattamenti e questo può portare a giudizi errati sui loro effettivi benefici", aggiungono gli autori della revisione.

I ricercatori hanno pubblicato i risultati della loro ricerca il 20 settembre, nell'edizione online di PLoS Medicine.

Gli autori notano come esistano gravi preoccupazioni in ambito medico-scientifico circa i bias di pubblicazione e di presentazione dei risultati, che possono causare una sovrastima dei benefici dei trattamenti, nonché una sottostima dei loro potenziali effetti avversi. Inoltre, studi precedenti hanno già evidenziato una significativa sottostima degli eventi avversi nei dati pubblicati rispetto ai dati inediti relativi alla stessa sperimentazione clinica.

Tuttavia, mancava ancora uno studio approfondito circa l'entità del fenomeno negli articoli pubblicati in riviste medico-scientifiche peer-reviewed.

A partire da questo, la Dr.ssa Golder e colleghi hanno condotto una revisione sistematica per cercare di quantificare il fenomeno della sottostima (e sotto-documentazione) delle reazioni avverse relativo agli articoli pubblicati in riviste peer-reviewed, rispetto ai dati provenienti da fonti inedite e relative allo stesso studio. Gli autori volevano anche misurare l'effetto di questo tipo di documentazioni 'falsate' sulle revisioni sistematiche delle reazioni avverse relative ad una terapia o ad un trattamento.

I ricercatori hanno consultato diverse banche dati e si sono avvalsi anche di altre fonti, come la ricerca manuale su specifiche riviste, l'esame di dati non pubblicati e la documentazione fornita dalla Cochrane Library. Nella revisione gli autori hanno incluso anche i dati provenienti da studi volti a quantificare la segnalazione di reazioni avverse relative a qualsiasi tipo di intervento terapeutico in forma tanto edita che inedita.

I dati considerati 'editi' provengono da articoli pubblicati in riviste scientifiche peer-reviewed, mentre i dati considerati 'inediti' provengono da informazioni ottenute da altre fonti (come le banche dati istituzionali o i registri relativi alle sperimentazioni medico-scientifiche) e dalla letteratura 'non ufficiale', ossia non legata a testate accademiche o commerciali (come i testi dei comunicati stampa o gli interventi a convegni e conferenze).

La Dr.ssa Golder e colleghi hanno identificato 28 studi su un totale di 31 pubblicazioni che avevano le caratteristiche richieste. Otto degli studi si sono occupati di trial che riportavano reazioni avverse, confrontandoli in termini di stato di pubblicazione e tutti hanno confermato che nel materiale inedito erano contenute più informazioni sulle reazioni avverse di quelle contenute nel materiale edito (95% contro 46%).

Undici studi hanno svolto una comparazione della segnalazione di eventi avversi fra documenti editi e inediti: "Tutti gli studi, senza alcuna eccezione, hanno evidenziato un numero più alto di eventi avversi gravi segnalati nei dati inediti rispetto a quelli poi riportati nelle versioni edite", scrivono gli autori.

In particolare, "se i lettori si fossero affidati ai soli dati editi per valutare una particolare sperimentazione medica, avrebbero perso dal 43% al 100% delle segnalazioni di eventi avversi associati ai trattamenti in esame, inclusa una percentuale che va dal 2% al 100% di eventi avversi gravi", si legge nel testo della revisione.

Due articoli hanno anche evidenziato come i dati inediti comprendano segnalazioni di molti più tipi di eventi avversi rispetto a quelle che si trovano nella versione edita; in uno di questi si sottolinea come il 67,6% delle segnalazioni di eventi avversi fatali sia stata esclusa dalla pubblicazione.

La Dr.ssa Golder e colleghi sottolineano anche come esistano svariati esempi di meta-analisi effettuate a partire da dati tanto editi che inediti; nella maggior parte dei casi, l'inclusione dei dati inediti ha ridotto gli intervalli di confidenza al 95% per le stime aggregate del rischio di eventi avversi, ma non ha influenzato drasticamente l'analisi in termini di entità del rischio. In alcuni casi, tuttavia, l'inclusione dei dati inediti ha reso le stime di rischio statisticamente significative, mentre sulla base dei soli dati editi non sarebbe stata raggiunta la significatività statistica.

Gli autori sono consapevoli dei limiti della revisione da loro operata e sottolineano anche che gli studi da loro selezionati possono aver a loro volta sofferto di bias di pubblicazione, che possono aver privilegiato la pubblicazione di quegli articoli che presentavano differenze più grandi fra dati pubblicati e dati inediti.

Tuttavia, la revisione mette in luce come la sottostima degli eventi avversi nelle pubblicazioni e i bias di pubblicazione rappresentino una vera e propria minaccia per l'affidabilità delle revisioni sistematiche e delle meta-analisi sui rischi associati ai trattamenti medici.

Gli autori raccomandano quindi ai ricercatori di non limitarsi ai soli dati pubblicati nelle riviste medico-scientifiche per condurre valutazioni affidabili delle reazioni avverse associate a trattamenti medici e sottolineano la necessità di fornire accesso ai dati inediti a medici, ricercatori, legislatori e pazienti.

"La nostra revisione dimostra che non è possibile comprendere i rischi di uno specifico tipo di trattamento senza consultare i dati inediti relativi alle sperimentazioni condotte su di esso, perciò è necessario che venga facilitato l'accesso a questo tipo di informazioni", concludono gli autori.

 

Riferimenti:

PLoS Medicine, edizione online del 20 settembre 2016;doi: http://dx.doi.org/10.1371/journal.pmed.1002127